Ho potuto riscontrare negli anni una grande difficoltà che le pazienti traumatizzate da violenze psicologiche hanno nel riattivare un rapporto di fiducia in generale e in particolare col terapeuta e/o con l’avvocato che le segue nel percorso di difesa e rinascita. Collaboro da anni con l’avvocato Terlizzi e insieme prendiamo “per mano” le donne che devono affrontare una battaglia personale e legale per affermare i diritti propri e della prole. Le situazioni si ripetono perché la salita è ripida: durante la fase di definizione delle condizioni, nonché per la durata di tutta la fase di separazione il narcisista di turno, ex compagno della vittima, non perde occasione per continuare la campagna di manipolazione e screditamento delle stesse che comporta un ulteriore perdita della sicurezza in SE e un alimentare ancora quella paura e terrore già instillato negli anni: una mail che arriva dall’ex compagno narcisista le manda in ansia e le disorienta, dimostrando che, anche a distanza, lui riesce comunque ad esercitare il suo potere terrorizzante e coercitivo.
Noi che siamo nell’aiuto, con queste pazienti/clienti ci troviamo a fare un lavoro di equilibrismo dosando le parole e trovandoci spesso a ricominciare d’accapo per ricucire quella continuità e fattività positiva del nostro operato, un lavoro di cesello estenuante: basta una piccola sbavatura, ovvero una disattenzione come una risposta che non arriva immediatamente di supporto emotivo o legale, per far crollare in loro l’affidarsi e diventare noi delle nemiche. Il trauma da abuso narcisistico (cit. Brunelli) comporta una reazione di allerta e suscettibilità sia fisica che psichica (alterazione della percezione e del pensiero, ansia e depressione), è una reazione di difesa a un trauma che ha agito sul corpo e sulla mente. Il trauma agisce purtroppo cosi, rende le persone come senza pelle, con una soglia altissima di sensibilità e attenzione a ciò che accade che viene percepito in modo alterato e distorto. Se si è state maltrattate per anni e si è dovuto stare sempre allerta perché da un momento all’altro c’era il rischio di essere violate e attaccate, diventa comprensibile che questa situazione venga generalizzata a chiunque entri in contatto con la persona in questione. Se il marito che si immaginava amorevole “ anche se con qualche scatto d’ira”, di colpo diventa il mostro che ti ha abusato per anni senza che tu ne abbia avuto la lucida consapevolezza, perché una psicologa che dice che ti vorrebbe aiutare o piuttosto un avvocato che ti vorrebbe difendere non potrebbero essere anche loro abusanti?
Capite come allora il lavoro con queste vittime sarà differente e richiederà tanta pazienza, empatia e rassicurazioni continue, per un tempo che per ognuna è soggettivo. Ne vale però la pena, perché piano piano, e ci vogliono molti mesi in genere, con un lavoro psicologico di cesello insieme a tanta dedizione dalla parte giuridica, il senso di stabilità e continuità interno alla persona si ripristina e migliora l’aderenza alla realtà, perché non più prevalentemente filtrata attraverso la lente del trauma subito; così le difese si abbassano e si può lavorare psicologicamente e legalmente in modo più diretto ed efficace, cioè non più in emergenza, mettendo cioè in discussione tutto il rapporto ogni volta. La vittima in questi casi ripropone anche inconsciamente ciò che ha vissuto ovvero “ la giostra” emotiva di illusione e delusione (gaslighting) in cui è stata intrappolata per anni. Quando la nebbia si dirada e si può guardare a se stessi in modo più nitido e certo allora si può dire che sia cominciato il percorso di uscita autentica dalla situazione tossica.